Coltivazione Elementare

L’acqua c’è, ma non si vede

Ricorderemo l’estate del 2022 come una delle più siccitose degli ultimi decenni. Ma davvero l’agricoltura dipende ancora dalla aleatorietà della danza della pioggia? Da dove viene davvero l’acqua che mantiene lussureggianti le piante che coltiviamo?

La Coltivazione Elementare riesce a ottenere un eccezionale risparmio di acqua perché mette al centro delle proprie pratiche la formazione a livello radicale di humus naturale, che è il principale regolatore della presenza di umidità nel terreno.

L’acqua necessaria alla crescita degli ortaggi negli Orti Elementari, come in Natura,  non viene dal cielo, ma dall’humus.

Grazie alla presenza di humus nell’Orto Elementare si apporta talmente poca acqua, giusto al trapianto o alla semina e poco più, da poterne definire irrilevante l’utilizzo, irrisorio rispetto a chi bagna abbondantemente tutti i giorni sulla terra nuda lavorata.

Il problema della scarsità di acqua si sposta quindi dalla questione metereologica al modo di coltivare.

L’uso minimo dell’acqua irrigua in Coltivazione Elementare comporta che non ci ritroveremo ridotti alla fame (e alla sete) dalle politiche dissennate delle istituzioni e dalle scie chimiche disegnate nel cielo dalle menti malate che detengono oggi il vero Potere mondiale.

Chi attribuisce l’attuale siccità alla volontà di monopolizzare la produzione del cibo da parte dei grandi centri di Potere afferma che tutto sia causato da tecnologie avanzate in grado di far nevicare in estate e di mandarci tutti a Rimini in pieno inverno. Abitare in Groenlandia o alle Hawaii pare non cambi più di tanto la situazione: tutti i popoli sono coinvolti. Resta il fatto che qui da noi non piove per mesi e mesi e che le piante coltivate secondo i metodi al momento più praticati ne soffrono. Anno dopo anno i fiumi, i torrenti, i laghi, le sorgenti e i pozzi mostrano una tendenza ormai chiara al prosciugamento.

Se osserviamo gli sfondi paesaggistici dei quadri del passato troviamo sempre ruscelli e laghetti. Senza tornare indietro nei secoli il mio vivo ricordo delle vicende climatiche di oltre 50 anni fa testimonia come nell’arco della vita di una persona la mancanza di precipitazioni… sia precipitata. Ciò che allora valeva non vale più: marzo pazzerello, vedi il Sole prendi l’ombrello; pioggia d’Aprile, pieno il fienile; quando vien la candelora dall’inverno semo fora, ma se piove o tira vento nell’inverno semo dentro; cielo a pecorelle, pioggia a catinelle; se il monte mette il cappello, lascia la zappa e prendi l’ombrello. E via proverbiando. Ricordo le fughe dalla piscina o dalla spiaggia per gli scrosci agostani, così come la neve che mi accompagnava per buona parte dell’inverno nel percorso da casa a scuola.

Quello che però preoccupa maggiormente nello svolgersi della catastrofe ambientale prossima ventura sono le scelte ottuse, misere, errate e inadeguate delle istituzioni. Le tubature degli acquedotti sono dei colabrodo in mano a società esterne che lucrano sulla disponibilità di quel bene primario che è l’acqua; i “troppo pieno” delle cisterne sprecano quantità d’acqua che, se recuperate, basterebbero a soddisfare le necessità dei periodi oggi di crisi idrica.

Chi coltiva un orto si vede costretto a chiudere il rubinetto in piena estate, trovandosi a dover scegliere… tra una multa salata o l’acqua dolce. La soluzione più adottata consiste nello scendere furtivamente nell’orto al chiar di Luna. Chi invece viene esonerato da questi vincoli sono le aziende agricole, le quali attingono acqua da tutte le fonti disponibili a tutte le ore del giorno per i loro ortaggi e tutte le altre coltivazioni, per non parlare delle stalle dove una mucca beve 80 lt di acqua al giorno. Così succede che chi non può coltivare il proprio orticello in condizioni di risparmio idrico si veda costretto ad andare dal fruttivendolo o al supermercato dove trova alimenti che sono costati al pianeta una quantità spropositata di preziosa acqua. Così succede anche che il vigile urbano che va dal sor Mario o dalla sora Maria a contestare la violazione di aver aperto il rubinetto nell’orto sia un frequentatore del supermercato, dove acquista verdure per la cui produzione viene sprecata molta più acqua di quanta potranno mai sprecarne il sig. Mario e la sig.ra Maria, che però ricevono una multa di 500 euro. Ma a parte il sig. e la sig.ra Rossi, il problema di vedersi negato l’uso dell’acqua con minacce pecuniarie danneggia le innumerevoli nuove comunità oggi alla ricerca dell’autosufficienza alimentare come alternativa al… fracido sistema capitalista. E così siamo ancora una volta di fronte a scelte politiche a tutto vantaggio della grande distribuzione… ma và!

Di fronte a tanta iniquità non bisogna portare pazienza, consiglio piuttosto di rimboccarsi le maniche e organizzarsi in tutti i modi possibili per raccogliere e conservare l’acqua. Non possiamo permetterci di aspettare con le mani in mano la clemenza delle istituzioni che ci chiudono i rubinetti dell’acqua, peraltro contenente cloro che disinfetta il terreno e uccide l’humus. Viviamo in una terra dove i nostri antenati si sono industriati per millenni e sono riusciti a superare ogni difficoltà: adesso tocca a noi di vivere della campagna. E di farla rivivere.

63 Gian Carlo Cappello
@ Mara Lilith Orlandi

Testo e foto di Gian Carlo Cappello e Mara Lilith Orlandi. ©Tutti i diritti riservati. Vietata la riproduzione.

1 commenti su “L’acqua c’è, ma non si vede”

  1. Sono rimasto letteralmente affascinato dalla filosofia del ‘non fare ‘ e rapito dalle spiegazioni logiche e naturali dell evolversi delle piante,c’è davvero un mondo da conoscere nascosto dietro le pratiche dell’ orto elementare !Ascoltare ed Osservare sono parole chiave
    Infinite grazie a Gian Carlo Cappello per la condivisione

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